Elezioni Reggio, dimmi che campagna elettorale fai e ti dirò chi sei

"Gli esponenti del centrodestra, in questa fase, si ritrovano chiusi nel medesimo vicolo cieco in cui errano i loro "colleghi" di centrosinistra"

Sta diventando una pantomima dagli esiti comici, e dagli effetti inconcludenti, l’insistenza con la quale il centrodestra di Reggio Calabria, avverte la necessità, ad ogni piè sospinto, di ribadire un giorno sì e l’altro pure che esso è “unito”. Dovrebbe essere una condizione ovvia, perfino naturale, se solo la coalizione esistesse nella realtà e non appartenesse, invece, alla sfera virtuale della propaganda. In caso contrario, ovviamente, nessuno si sentirebbe in dovere di specificarlo in ogni occasione. Porre l’accento su una unione illusoria nasconde poi una ulteriore urgenza, quella che rappresenta il peccato originale della campagna elettorale: l’esigenza impellente di procedere, e non è per nulla semplice, con la palla al piede del candidato a sindaco. Mai, infatti, era capitato che uno degli aspiranti alla carica di Primo Cittadino di Reggio Calabria fosse il “soggetto ignoto” della competizione. Una difficoltà che si riverbera sull’approccio quotidiano ai vari incontri ed appuntamenti programmati nel corso delle settimane che ci separano dall’appuntamento con le urne. Il centrodestra, infatti, è obbligato a caricarsi il fardello, pesantissimo, dell’oscuro personaggio proveniente da Genova ed in corsa su preciso comando di Matteo Salvini. Un ostacolo che, però, è solo, a beneficio dell’ipocrisia, perché i circa 300 candidati al Consiglio comunale, in privato, a contatto con i potenziali elettori avvicinati per richiedere il loro consenso, si guardano bene dallo spendere una sola parola per Antonino Minicuci. Un sacrificio che Reggio Calabria, tra l’altro dovrà scontare inutilmente, perché immolata sull’altare di un accordo nazionale attorno al quale a Forza Italia interessava difendere il fortino in Campania dove, però, Stefano Caldoro, guarda col binocolo il presidente uscente Vincenzo De Luca, avanti di oltre venti punti percentuali rispetto all’esponente “azzurro”. Gli esponenti del centrodestra, in questa fase, si ritrovano chiusi nel medesimo vicolo cieco in cui errano i loro “colleghi” di centrosinistra, la grandissima parte dei quali sta ben attenta a non pronunciare mai il cognome Falcomatà, un biglietto da visita che fino all’ottobre del 2014 rappresentava un passepartout per qualsiasi ambizione ed oggi trasformatosi in un cartoncino da occultare bene nel cassetto più nascosto dei propri pensieri. Il Primo Cittadino, in sonno per sei lunghissimi ed insopportabili anni, finalmente (forse) conscio dell’oceano di impopolarità che persiste a solcare su una barchetta costruita con artifici retorici e tranelli ciarlatani, prova a giocarsi la carta dell’antileghismo fingendo, con un’astuzia efficace sulle menti di qualche stupido sempliciotto, di dimenticare di essere protagonista di una partita (almeno) a tre. Perché, assodato che Saverio Pazzano rosicchierà voti anche alla sua sinistra, è innegabile che il tasso di popolarità di Angela Marcianò, riscontrato a ventuno giorni dalle elezioni, non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello, parecchio magro, di Falcomatà e Minicuci. I due devono sperare esclusivamente che la rete delle liste non difetti di maglie troppo larghe, in caso contrario la sorte di uno dei due sarebbe segnata senza rimedio. Un sentimento di avversione generalizzata di cui deve aver avuto sentore perfino il Primo Cittadino che ha preso a far circolare un opuscolo dal titolo “Chi fici Falcomatà”. Oltre a confermare involontariamente che la contesa vera riguarda i concorrenti alla carica di sindaco e non le coalizioni di liste, la pubblicazione vorrebbe essere un compendio del lavoro compiuto, ma in realtà, la sua utilità (?) dimostra che la città niente ha compreso fino ad oggi della sua azione amministrativa e di questo le responsabilità del sindaco si concretizzano, prima di tutto, in una gestione della comunicazione a dir poco grossolana. Come attestato, fra l’altro, da questa rozza insistenza sul dialetto, uno sforzo impacciato di lisciare il pelo all’anima popolare della città. Ancora una volta obiettivo non centrato: è proprio dal cuore di quell’anima popolare che sale, prepotente, l’attesa di voltare pagina, se possibile non con chi tira fuori dal cilindro (vedi alla voce Minicuci) il coniglio inzuppato dei certificati da rilasciare nei tabacchini (sigh). Dal canto suo, Angela Marcianò è nel pieno di un vortice frenetico di incontri con la gente comune, con associazioni, cittadini, comitati e rappresentanti vari: a differenza dei rivali di centrodestra e centrosinistra, la giuslavorista dell’Università di Messina, infatti, non ha bisogno della protezione dei partiti, né deve nascondersi da alcuno e, nella triste sfida tra un presente indifendibile ed un discusso passato consegnato alla storia, continua, appassionata, a fissare con sorrisi sicuri lo sguardo sul futuro.

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