* di Antonio Viscomi – C’è un modo di dire che mi ha sempre colpito e mi fa ancora pensare: nel nostro dialetto per dire che un candidato è stato eletto si usa dire che “è salito”, cioè si è assiso sullo scranno, è entrato nelle stanze alte del potere, che spesso coincidono pure con gli ultimi piani dei palazzi utilizzati. Insomma un modo di dire che rimanda ad una precisa geometria simbolica che il potere sembra voler correlare al comando piuttosto che che al servizio. Ma un potere correlato al comando diventa alla fine una mera questione personale, laddove invece il potere correlato al servizio invoca una visione condivisa ed inclusiva di sviluppo di una data comunità e di un territorio che come il nostro ogni giorno che passa manifesta tutte le sue dolorose e rovinose fragilità.
Per queste ragioni gli appuntamenti elettorali sono sempre importanti, perché rappresentano il momento in cui ciascuno è chiamato ad esercitare la sua personale responsabilità, civile e morale, nello scegliere tra sostenere chi il potere intende come comando e chi, invece, come servizio. E la scelta non è difficile da fare: basta fermarsi un attimo e ragionare con calma. Questo vale anche per le prossime elezioni degli organi di governo delle province di Catanzaro e di Vibo. E’ vero, sono elezioni di secondo grado e dunque votano solo gli amministratori comunali ognuno dei quali ha un peso correlato alla dimensione demografica del proprio comune. Ma è anche vero che nessun cittadino può sentirsi estraneo alla partita, potendo quanto meno ragionare con i propri rappresentanti comunali e intervenire sulle relative decisioni di voto. Potrei formulare il mio auspicio in questo modo: non deleghiamo, ma piuttosto dialoghiamo con i rappresentati che facciamo “salire” ad ogni livello.
Alle elezioni provinciali prossime il Partito Democratico ci sarà: con il suo simbolo, con i suoi candidati presidenti per Catanzaro e Vibo, Ernesto Alecci e Antonio Schinella, con i suoi consiglieri democratici. E’ un dato importante, perché soltanto la presenza di una chiara e visibile comunità politica, con i suoi simboli, con la sua identità, con la sua presenza organizzata, può contrastare ogni pratica di individualizzazione personalistica della politica. Nonostante tutto, abbiamo bisogno dei partiti, la vita democratica di questo paese ha bisogno di partiti vivi, vitali, capaci di innovarsi, di ascoltare prima di parlare, di studiare prima di proporre. Benché tutti dicano che viviamo una stagione di antipolitica, personalmente credo invece che ci sia una grande voglia di politica e che i cittadini abbiano una gran voglia di partecipare, di discutere e di decidere. Se c’è un comportamento che provoca reazioni radicali e allontanamenti drastici è proprio quello di chi nega la stessa possibilità di spazi e luoghi di partecipazione democratica, sostituti da una fideistica adesione alla volontà di un capo che spesso dimentica di esserlo solo per un tempo determinato.
Rivendicare una presenza ed un ruolo identitario del Partito democratico anche in sede elettorale non vuol certo dire rinchiudersi in un recinto solitario. Al contrario, vuol dire poter dialogare con tutti senza essere assorbiti da nessuno. Perché l’essenza della politica è ovviamente di conseguire un risultato positivo creando alleanze adeguate e pertinenti. Ma il risultato positivo da conseguire non è, non può essere, raggiungere una postazione di potere, ma costruire un sistema sociale coerente con i propri valori. Tanto per fare qualche esempio: il reddito di inclusione e il reddito di cittadinanza non sono affatto la stessa cosa e non perseguono certo lo stesso risultato! e non è neppure la stessa cosa pensare di contrastare il dissesto idrogeologico del nostro territorio con le strutture ordinarie delle nostre pubbliche amministrazione o con una specifica agenzia per la difesa del suolo e la protezione civile, capace di mettere insieme tutti i soggetti che oggi operano in modo frantumato e frammentato! E non è neppure la stessa cosa pensare e costruire una provincia che promuova reti organizzative tra comuni interessati ad uno stesso ambito territoriale o che, all’opposto, privilegi il rapporto con i singoli comuni e quindi con i singoli sindaci. I bisogni devono trovare risposte nella definizione di politiche pubbliche lungimiranti. Ma perché questo accada, al partito delle “tre-p” – che insegue potere, posti e poltrone – dobbiamo sostituire, e con urgenza, il partito delle “quattro-c”: credibilità e coerenza delle persone, competenza nelle proposte, coraggio di fronte alle sfide di un mondo sempre più complesso. Quando si va per mare in barca, la paura porta spesso il marinaio a guadare indietro verso il porto che lascia; viceversa, per navigare senza incidenti occorre guardare davanti verso il grande mare aperto, con coraggio, ma anche con una bussola in mano per tracciare la rotta. Coraggio, competenza, credibilità, coerenza, appunto, per servire e non servirsi della politica, per usare la pregnante espressione di don Luigi Sturzo.
Il Partito Democratico c’è, con una sua precisa visione del ruolo dell’ente intermedio sul quale grava l’onere di assicurare il sostegno ai comuni, la presa in carico del territorio e del suo sfasciume, la promozione di innovazioni organizzative sul piano dell’erogazione dei servizi pubblici, di definizione del sistema della mobilità, soprattutto nelle aree interne. Prima che di soldi, le nostre Province hanno bisogno di essere riconosciute nel loro ruolo, come interlocutori necessari e indefettibili dell’intera filiera istituzionale. Non è una cosa difficile, basta volerlo. D’altronde, va forse ancora ricordato che la nostra Costituzione pone al centro del sistema le autonomie, locali, sociali, istituzionali? Ciò vale sia per la provincia di Catanzaro che per quella di Vibo. Con tutte le dovute differenze, perché Catanzaro si trova in una situazione privilegiata nel panorama delle province italiane mentre Vibo deve riscoprire il senso e il significato della propria esistenza, in presenza di una crisi che non è solo finanziaria.
Ma per entrambe le realtà il Partito Democratico ha proposto al voto due sindaci, Ernesto Alecci e Antonio Schinella, che segnano una evidente innovazione nel sistema politico locale. Ciò che è più importante: hanno accettato la competizione con coraggio, buttando il cuore oltre l’ostacolo, consapevoli della situazione difficile del quadro politico ma forti della loro coerenza con i valori democratici, supportati dalle competenze acquisite nell’attività amministrativa e soprattutto con una gran voglia di dimostrare che è possibile fare politica in modo differente, anche da noi, anche in Calabria e che proprio per questo saranno votati dagli amministratori liberi, autonomi e responsabili che lavorano nelle nostre terre. Ci sono, e meritano di essere difesi contro i luoghi comuni, le false generalizzazioni e le subdole strumentalizzazioni. Diciamoci la verità, e diciamolo ad alta voce: per fare l’amministratore locale nella nostra regione ci vuole veramente tanto tanto coraggio.
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