
Adesso ci tocca “dividere” pure il prefetto. Per carità, nessun dubbio sulle capacità del nuovo titolare dell’Ufficio territoriale del Governo della Provincia di Vibo Valentia: Francesca Ferrandino ha competenza ed esperienza (ha già guidato le Prefetture di Agrigento, Bergamo e Messina; il presidente della Repubblica le ha conferito la distinzione onorifica di Commendatore dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana”) per interpretare i processi di un territorio “difficile” ed adottare le decisioni più opportune.
Il problema è costituito dalla parte finale del comunicato del Governo: manterrà “anche le funzioni di prefetto di Catanzaro”. Per i più pessimisti è un primo segnale di una volontà che viene da lontano: chiudere la Prefettura di Vibo o accorparla a quella di Catanzaro; per chi è critico ma non si sbilancia “Vibo meriterebbe un prefetto a tempo pieno”. In ogni caso, quello che emerge è una sorta di sottovalutazione da parte del Governo del “caso Vibo”. L’Esecutivo gialloverde non sembra aver capito fino in fondo come si vive da queste parti: in un territorio condizionato dalla mancanza di lavoro, da un tessuto produttivo asfittico, da una viabilità disastrata, da servizi sanitari sempre più ridimensionati, da limitate occasioni di scambi sociali e culturali, da una forte emigrazione, da diversi Enti locali in predissesto, dall’ingombrante presenza della ‘ndrangheta ci sarebbe bisogno di interventi straordinari, di risorse aggiuntive, di una dimostrazione di una presenza dello Stato convinta e decisa. L’indicazione di un prefetto – lo ripetiamo, preparatissimo ed ottimo conoscitore delle realtà meridionali – che dovrà necessariamente “dividere” il suo tempo fra due aree territoriali traduce quantomeno un’inesatta stima della complessità della questione. A queste latitudini la gente combatte ogni giorno con la paura di guardare al futuro: le liti su temi nazionali interessano relativamente, la mera condanna dell’azione clientelare della politica del passato non basta per ottenere risultati. Servono azioni concrete, oggi. Non discorsi pre-elettorali, spazzati via dai fatti quotidiani.