E ora “passati pa casa”: tutti

La verità è che non assisteremo al processo di rinnovamento del centrodestra,

Impensabile, è così che abbiamo definito nel corso di queste settimane il candidato a sindaco di Reggio Calabria per il centrodestra. Una figura talmente modesta da non poter nemmeno essere definita impresentabile o improponibile, ma proprio inimmaginabile.

E, invece, tra Capitan Papeete che ha fatto il bello e il cattivo tempo in una città di cui, fino a poco tempo fa, ignorava anche la collocazione geografica e mastri di ballo di tarantella scesi da Santo Stefano in Aspromonte, la coalizione che tale non è mai stata, tranne nel mese o poco più di campagna elettorale, è riuscita a confezionare un disastro di proporzioni titaniche. Quarte file improvvisamente ritrovatesi, a causa della voragine di leadership seguita anni fa alla caduta di Giuseppe Scopelliti, in ruoli decisionali senza possedere nemmeno i prerequisiti di base per entrare nelle “stanze dei bottoni” e l’esito umiliante è lì, sotto gli occhi di tutti. Lo scarto tra Falcomatà e Minicuci è stato talmente ampio (17 punti percentuali) da non ammettere interpretazioni, ma solo conclusioni drastiche: il fallimentare centrodestra reggino deve essere azzerato. Lo deve essere negli attori e nelle politiche, nei metodi e nel linguaggio, nel modo di stare in mezzo alla gente e in quello di fare opposizione al sindaco. Sei anni pieni di futili comunicati e inconcludenti attacchi sui social e vuoti di un lavoro quotidiano sul territorio funzionale alla costruzione reale di una alternativa credibile all’Amministrazione di centrosinistra. Il risultato è stato che in troppi, da quelle parti, si sono convinti, che l’antipatia nei riguardi del Primo Cittadino bastasse a scalzarlo e, in realtà, così sarebbe stato se solo si fossero degnati di proporre una candidatura appena appena normale, non di un “soggetto ignoto” di Melito Porto Salvo che vive a Massa e lavorava a Genova. Per di più designato dalla Lega che, come facilmente prevedibile, avrebbe raccolto una miseria di preferenze e un tappeto infinito di voti deliberatamene contro. Basti dare un’occhiata ai numeri del primo turno e del ballottaggio: mentre Falcomatà ha guadagnato 9000 voti, forte anche del sostegno (ovvio) accordatogli dagli elettori di Saverio Pazzano, Minicuci ha addirittura perso qualche centinaio di consensi rispetto a due settimane fa. Un’ecatombe che, se la serietà fosse di casa nella politica reggina, obbligherebbe tutti i maggiorenti della presunta coalizione sconfitta a sgombrare e liberare il campo a forze fresche che dovrebbero possedere due caratteristiche fondamentali: essere svincolate da qualsiasi tipo di rapporto con i responsabili della catastrofe e aver dimostrato un minimo di coraggio prendendo le distanze per tempo dai colpevoli dello sfascio. Un orrore strategico del genere ha una sola spiegazione: volevano perdere, perché, in caso contrario, niente spiega quanto accaduto negli ultimi due anni. Paralizzati nella determinazione del personaggio da contrapporre al sindaco, si sono visti sfilare il diritto di scelta da Matteo Salvini. Con l’aggravante che, nel frattempo, il mastro di ballo di Santo Stefano in Aspromonte vagabondava promettendo la candidatura a Primo Cittadino a chiunque gli capitasse sotto tiro, e qualcuno ci ha anche creduto, salvo poi essere obbligato a sottomettersi, dopo qualche giravolta di infimo livello, al diktat leghista. Un ordine perentorio che non sarebbe arrivato se in città si fosse operato alacremente per l’individuazione della figura più idonea. Tutt’altro: mutismo e disorientamento assoluti e neanche lo slittamento delle elezioni ha scosso dall’apatia questa frotta di inetti fasulli. La verità è che non assisteremo al processo di rinnovamento del centrodestra, ad una presa di coscienza della debacle, all’indifferibile bagno di umiltà e la democrazia a Reggio, fondata su un degno contrappeso rappresentato dall’opposizione, si reggerà sulle spalle di Angela Marcianò e Saverio Pazzano. Se chiedete a Minicuci, vi risponderà, da “luminare della Pubblica Amministrazione” come ebbe incautamente a definirlo il deputato di Santo Stefano in Aspromonte, che lo ha certificato anche l’Istat.

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