
Quanto lo sfascio sia il vero padrone del Centro Sportivo Sant’Agata, lasciando nell’ombra (un toccasana nella calura) gli “eroici” autoproclamatisi guardiani del faro spento, è stato messo nero su bianco dalla decisione di impedire a tifosi e simpatizzanti della Reggina di esprimere le proprie opinioni, giuste o sbagliate, di pancia o razionali, sulla pagina ufficiale Facebook del club amaranto.
Una decisione, quella riguardante il comunicato odierno, che potrebbe apparire marginale se solo non fosse stata motivata, ovviamente, dalla consapevolezza, che esso sarebbe stato investito da un uragano di critiche originate dagli animi ormai esacerbati a causa della situazione squallida nella quale i fan sono stati fatti precipitare, “con trasparenza e legalità” di cardoniana fattura, dai magheggi (mai rivelatisi tali, però, nel corso dei mesi), tirati fuori dal cilindro bucato dell’ex operatore di call center della provincia di Catanzaro. Una mancanza di rispetto che non ha scusanti e dimostra, ma non se ne avvertiva il bisogno visti i precedenti, della strafottenza con cui altri si stanno giocando la Reggina su tavoli di casinò che nemmeno sappiamo dove si trovino, in luoghi lontani e immersi nelle nebbie della menzogna. Grave che i “guardiani del faro spento” rimangano timidamente acquattati sotto il facile riparo di un credito immeritato. Sta di fatto che un tale si presenta, forte di un accordo siglato davanti al notaio, e rispondente al nome di Manuele Ilari. Egli ci tiene a far sapere, senza contraddittorio, che: “Valuteremo quali saranno i calciatori intenzionati a sposare il progetto Reggina. Chi riterrà di non volere proseguire questo percorso verrà accontentato e troveremo la giusta soluzione per ognuno”. Due frasi che, molto, molto semplicemente, mirano a tranquillizzare i giocatori di una rosa spappolata emotivamente dagli eventi che non vedono l’ora di mettersi alle spalle questo ampio spezzone di 2023 fatto di promesse e delusioni, di ambizioni ricacciate indietro dalla realtà e mortificazioni, di incertezza e fughe vigliacche dei vertici societari. Il “bravo presidente del Niente” non dovrà perdere nemmeno un istante nella valutazione di cui straparla nella velina, perché i calciatori sono già ben convinti di ciò che intendono fare: un biglietto di sola andata verso altri lidi, finalmente seri, finalmente non condizionati dalle afflizioni accumulatesi nl corso di questo lunghissimo periodo marchiato a fuoco da un’unica parola: ricorso. Ad ogni sconfitta è seguito un ricorso, ad ogni schiaffo preso dalla spregiudicata arroganza dell’ex operatore di call center della provincia di Catanzaro, è stato sbeffeggiato un intero popolo facendosi scudo con la parolina magica: ricorso. Nel frattempo, i giocatori brancolavano nel buio dei dubbi, nell’inverno della paura di una stagione buttata via per colpe altrui. Adesso quelle due frasi li sistemano già sull’aereo: nessuno di loro, stia tranquillo il gestore di sale cinematografiche, sposerà il fantomatico “progetto Reggina” per una ragione banale assai, non esiste nessun “progetto Reggina”. Anzi, per amore di verità, fino a mercoledì prossimo 2 agosto, non esiste nemmeno la Reggina come entità concreta e collettiva. Po si vedrà. Dunque, si prepari, lui o chi per lui, a “trovare la giusta soluzione per ognuno” senza ulteriori perdite di tempo che sarebbero un danno ancor più beffardo per un gruppo di professionisti fiduciosi in un Capitano vero, Mister Pippo Inzaghi, lui per primo lacerato dalle acrobazie pericolose dei lametini, ma lui per ultimo ad ammainare la bandiera bianca della resa. Non era facile, se si pensa che ancora si gioca con il fuoco delle frottole insinuando sia “il contenzioso giudiziario che deciderà in quale campionato giocherà la Reggina nella stagione calcistica 2023-2024”. E no, signori, ad aver messo le maglie amaranto in questa condizione umiliante non è stato nessun “contenzioso giudiziario”: nessun contenzioso giudiziario si sarebbe materializzato se il druido lametino (cit. Leggende Amaranto) si fosse comportato seguendo la stella polare dell’etica. Quella stessa etica che la fantasmatica nuova proprietà vuole “salvaguardare”: Iddio ci venga in soccorso prima che sia troppo tardi. Oltre tutto, a dispetto di quanto si potrebbe immaginare nel pomeriggio del 29 luglio, il tempo non è già scaduto abbondantemente come il calendario, gregoriano e calcistico, comanda e lascerebbe intendere a noi comuni mortali. Infatti, la “nuova proprietà” (che non sia questa la nuova denominazione della Reggina 1914) è impegnata tuttora (sigh) a “ricostruire la situazione contabile e finanziaria, consapevole della complessità del passaggio delle consegne con la vecchia proprietà, non ancora terminato”. E, quindi, perdonateci, a chi ed a cosa ci stiamo interessando? A qualcuno che, al momento, non rappresenta altri se non sé stesso ed al gruppo misterioso di cui è frontman. E dal notaio, dinanzi al quale hanno firmato, quale documento hanno firmato se, addirittura, ad oggi, la gestione contabile e finanziaria è oggetto di analisi? In soldoni, cosa hanno rilevato Ilari e compagni per poter presentare il primo come presidente se il passaggio delle consegne non è ancora terminato? Peggio ancora se, nel corso di queste ultime settimane, tra un ricorso e l’altro, dovessero essersi resi conto (anche loro) che i numeri della Reggina non sono proprio di una chiarezza adamantina come lasciavano far credere, coperti dagli applausi degli acclamanti presenti, il disperso di Lamezia Terme e Sua Trasparenza e Legalità. Non rimane che continuare ad aspettare il momento in cui almeno lui, il “bravo presidente” si appalesi fisicamente, come aveva garantito già settimane fa. Lo faccia rinunciando ad aggrapparsi al ramo insicuro di una comunicazione “incommentabile” (letteralmente, visto il veto social imposto).