Democrazia e mafia, Violante e Irto discutono sul ruolo della politica

“Le democrazie muoiono non per omicidio, ma per suicidio. Muoiono, se non hanno la forza per rinnovarsi. Se non ci diamo da fare per rimettere in piedi il meccanismo democratico sui valori, la democrazia si affloscia. Ci sono i comuni sciolti per mafia, ma quanti sono i sindaci uccisi dalla mafia? Starei attento a dare l’idea che tutti i comuni sono mafiosi. Il punto è che i partiti hanno abbandonato il fronte. Non c’è dirigente politico che non sia anche consigliere comunale. Un dirigente che stia con la società non si vede. C’è frattura del sistema politica. La democrazia può rinascere e i partiti possono acquistare un ruolo se si rimettono a lavorare nella società, non come puro strumento di governo delle istituzioni, ma come strumento di rappresentanza. Questo problema (l’inquinamento dei comuni per mafia) non si risolve solo con misure legislative, ma anche con battaglie politiche nella società”. È quanto ha sostenuto Luciano Violante – già presidente della Camera dei deputati e presidente della Commissione parlamentare antimafia dal 1992 al 1994 – intervenendo al Salone Internazionale del Libro di Torino alla presentazione de “La democrazia mafiosa”, il libro del sociologo Claudio Cavaliere. Violante ha discusso del libro (edito da “Pellegrini”, prefazione del magistrato Nicola Gratteri) con il presidente dell’Assemblea legislativa calabrese. Nicola Irto ha sostenuto che “Il titolo del libro, apparentemente un ossimoro, che certamente colpisce ma che può lasciare anche perplessi per l’ardito accostamento tra democrazia e mafia, introduce la storia, documentata nel saggio, della faticosa rinascita dei Comuni italiani nel secondo dopoguerra, del loro significato politico e delle oscillanti attenzioni dei partiti di massa e spiega perché sono occorsi quarantacinque anni, prima di approdare alla legge sugli scioglimenti dei consigli comunali per mafia del 1991. Oggi continuamente – ha aggiunto – i fatti di cronaca ci invitano ad affrontare il tema della mafia non soltanto su un piano di storia criminale, ma a ragionare anche sul tema dei limiti e dei problemi della democrazia che non ignora l’illusorietà di pensare che ‘elezioni regolari implichino di per sé una democrazia regolare’. Il perpetuarsi di episodi di scioglimenti di Comuni per mafia anche in regioni considerate immuni al problema, ci invitano a riflettere in maniera meno ortodossa su un fenomeno sul quale siamo lontani da una soluzione e che chiama in causa il tema della democrazia, del suo funzionamento, della capacità di generare problemi da correggere e risolvere. Per questo la presentazione del volume è stata l’occasione per avviare una riflessione più a largo raggio insieme al presidente Violante che, anche per i suoi trascorsi, rappresenta un autorevole e qualificato interlocutore”. Sull’efficacia della legge sugli scioglimenti dei comuni per mafia, Violante ha aggiunto: “Diceva Machiavelli che ci vogliono le leggi e ci vogliono i buoni costumi. Noi pensiamo di risolvere il problema dei costumi con le leggi. E sbagliamo. C’è il problema della burocrazia, serio quanto quello dell’inquinamento politico. C’è un dato importante: quello della democrazia, che non è un processo meccanico. La democrazia va allenata, senza un’anima è debole. Non è una forma di amministrazione, ma è un complesso di valori che vanno attuati. Se la consideriamo forma di amministrazione, il dispotismo è molto meglio, perché è più semplice dal punto di vista dell’esecuzione delle regole”. Violante ha richiamato l’importanza del documento sugli atti intimidatori agli amministratori comunali rassegnato nel 2015 dalla Commissione istituita dal Senato e presieduta da Doris Lo Moro. Sul libro di Cavaliere ha detto che “è rilevante, perché copre un vuoto: quello dei rapporti tra comuni e mafia. È un ottimo strumento, perché è il primo studio sui comuni e sulla democrazia locale e sui passaggi che comporta l’inquinamento mafioso”.

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