“Debito cancellato”, Morabito (La Cosa Pubblica) smonta pezzo per pezzo “bugie e contraddizioni” di Falcomatà

"Grave che, dopo un decennio senza verità sui conti comunali, si comunichi con i cittadini in modo apertamente manipolatorio"

‘Cancellato il debito ingiusto’ così Falcomatà definisce la manovra preelettorale del Governo per aiutare alcuni Comuni sottoposti a Piano di rientro perché – comincia così la riflessione offerta da Stefano Morabito, in rappresentanza dell’Associazione ‘La Cosa Pubblica’ – gravati da enormi debiti. In sole quattro parole, una menzogna e una contraddizione.


Di “cancellazione’, infatti, neppure l’ombra. È grave che, dopo un decennio senza verità sui conti comunali, si comunichi con i cittadini in modo apertamente manipolatorio. Il debito comunale non sarebbe affatto ‘cancellato’, ma pagato attraverso un finanziamento ‘a fondo perduto’ cui attingeranno anche altre città, con criteri ancora da definire. Il tentativo di fare quadrare gli sconquassati bilanci cittadini sarà inoltre supportato da un ennesimo prestito (di 200 milioni di euro, da ripartire con altre città); la parte spettante a Reggio la dovranno ripagare i reggini fino al 2050.’ Tutto questo, sempre se il Comune di Reggio non rientrerà fra quelli che il Decreto Agosto definisce ‘gravati da patologie dell’ente’, causa di esclusione dal finanziamento. La Corte dei Conti, il 30 luglio di quest’anno, ha scritto: ‘L’analisi condotta dalla Sezione fa emergere, allo stato degli atti, una situazione di grave patologia nella gestione della liquidità ottenuta dal Comune di Reggio Calabria’.
Contraddittorio è, poi, definire il debito come ingiusto, mentre si annuncia che i creditori saranno ripagati fino all’ultimo centesimo”. “A un debito ingiusto, corrispondono, secondo logica, crediti – argomenta Morabito – altrettanto ingiusti: perché non si è saputo ancora a quali creditori corrispondano, per quali opere, per quali servizi, per quali consulenze, le somme dovute dal Comune?
Se la ‘cancellazione’ degli ingiusti debiti chiude, come afferma Falcomatà, la stagione dei disastri creati anni fa dalla destra, spiace constatare che la chiude ripagando tutti i debiti di quella destra disastrosa. Strano modo di invertire rotta.
Quello che rimane dietro la rappresentazione paternamente patrocinata da Zingaretti è, invece, solo l’annuncio di una misura che, lungi dal ‘salvare’ la città e i suoi cittadini e chiudere i conti con il passato, ci manterrà in quel limbo penoso nel quale ci ritroviamo da troppi anni, saldando, a spese dei cittadini (reggini e, per una parte da definire, italiani) il debito prodotto negli ultimi esercizi finanziari, da Scopelliti a oggi.
Cambiano i musicisti, non lo spartito: impaurire i cittadini presentando il dissesto come le sette piaghe d’Egitto e veicolare il predissesto con rate ultradecennali come la soluzione per ogni male della città.
Anche il dibattito politico odierno lo conferma: si discute solo l’entità dell’eventuale finanziamento promesso, ma non della necessità di uscire definitivamente dal predissesto, che garantisce solo i creditori e i responsabili politici passati e presenti.
Poco importa, al sindaco, che la Corte dei Conti abbia ribadito che ‘l’evitare il dissesto ‘a tutti i costi’ non produce effetti favorevoli ai consociati dell’ente locale’. Abituati alla campagna elettorale permanente di cui vive la politica reggina, non potevamo certamente aspettarci, oggi, la dovuta sincerità verso i cittadini. La sola certezza è che i reggini continueranno ad essere i più tartassati d’Italia.
In piena ‘trance’ elettorale, il Primo Cittadino si è spinto a dire che l’indecente qualità dei servizi è figlia del Piano di rientro, dimenticando che che lui stesso ha voluto e difeso pervicacemente in questi anni -con la fattiva collaborazione delle destre, in aula e fuori-, proprio il Piano di rientro per la cui salvezza (del Piano di rientro, si badi, non dei cittadini) oggi addirittura esulta, sorvolando però sul fatto che la pessima gestione dei servizi durante il suo mandato ha interessato la Procura della Repubblica (inchiesta Helios) che ha messo sotto indagine alcuni dei suoi più stretti collaboratori”.
Il decreto governativo – sentenzia il Coordinatore de ‘La Cosa Pubblica’ – appare come una democristianissima manovra elettorale che, dietro la finalità di aiutare i Comuni indebitati per le deboli condizioni socioeconomiche del loro territorio, sospende, invece, la certezza del diritto riguardo i conti e i controlli sugli enti locali. Dunque, il debito di Reggio è stato creato da Scopelliti o dall’atavica povertà di questo lembo d’Italia? Le irregolarità segnalate dalla Corte dei Conti per i Bilanci di Falcomatà, sono dovute alla fragilità economica della nostra comunità o al modo in cui i Bilanci sono stati confezionati in questi anni?
Per Falcomatà, non dichiarare il dissesto nel 2014 è stato un personale atto di generosità verso la destra che aveva gestito prima di lui. Noi rispondiamo che tale atto di generosità non andava fatto sulle spalle dei cittadini ed è, peraltro, indimostrabile che l’eventuale dissesto avrebbe colpito solo gli amministratori di destra. Spettava, infatti, alla Corte dei Conti appurare le eventuali responsabilità degli amministratori passati: nulla garantisce che tale responsabilità non sarebbe ricaduta anche sulla minoranza di centro-sinistra (di cui faceva parte l’odierno sindaco) che poco o nulla ha fatto, negli anni, per opporsi in aula al ‘Modello Reggio’.
Evitando il dissesto, si garantiscono i creditori, di ieri e di oggi e si sottrae di fatto l’operato degli amministratori passati e attuali, di maggioranza e minoranza, allo scrutinio automatico della Corte dei Conti che si attiverebbe in caso di dichiarazione di dissesto.
Infine, il sindaco azzarda che ‘adesso i conti tornano’. Ebbene, dato che la Corte Costituzionale ha stabilito che il Bilancio è un bene comune e che i cittadini devono essere pienamente informati sul suo stato per esercitare il proprio giudizio e controllo democratico sugli amministratori, è necessario che si discuta ed eventualmente approvi il bilancio di previsione 2020 prima delle elezioni, per consentire ai cittadini di giudicare se i conti tornano davvero o se, come lamentava il famoso Totò, certi conti non tornano mai”.

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