Così l’ospedale “San Bruno” non esiste più

di Bruno Vellone – Quando dalle colonne del settimanale regionale “Calabria settegiorni”, il giornalista serrese Franco Gambino, il 23 marzo 1976, con un articolo dal titolo “Un ospedale in frigorifero”, ammoniva la classe politica dell’epoca sugli effetti negativi dei ritardi dell’apertura dell’ospedale di Serra San Bruno, non pensava minimamente che, molti anni dopo, una intera classe politica locale ne avrebbe invece decretato la chiusura. L’allarme di politici di sinistra che si ricordano dell’ospedale solo quando la propria compagine non è al governo regionale e l’interesse di facciata di quelli di destra che pensano alle poltrone più delle persone, ormai non hanno ragione di esistere perché l’ospedale non c’è più. Per rendersene conto basta visitarlo.

Lo sanno bene gli utenti che dopo un primo e vano passaggio presso il “San Bruno” vengono irrimediabilmente rimandata a quello di Vibo Valentia quando va bene, “dirottati” presso gli ospedali di Catanzaro o fuori regione quando va male. Già, perché molte carriere di politici di sinistra e di destra sono state costruite proprio sulle solide fondamenta dell’ospedale di Serra San Bruno, sempre più utilizzato come serbatoio di voti dai politici di turno. Era stato il socialista, Giacomo Mancini, nel 1965, allora ministro dei Lavori pubblici, durante una visita a Serra San Bruno a destinare per il costruendo ospedale 400 milioni di lire. I ritardi dell’apertura furono accompagnati da notevoli proteste popolari che incalzando la classe politica dirigente, accusandola d’irresponsabilità politica e morale, diedero quell’impulso necessario per l’apertura del nosocomio. Poi il presidio nacque e, pur tra mille contraddizioni e carenze infrastrutturali, divenne un punto di riferimento per la popolazione di buona parte della Calabria centrale. Ma com’era strutturato il nosocomio all’indomani dell’apertura? L’ospedale serrese era costituito dai reparti di: Cardiologia, Chirurgia,  Medicina, Ostetricia e ginecologia, Radiologia operativa h 24 con una TAC che per i tempi era considerata all’avanguardia, Analisi di laboratorio, Pronto soccorso, Dialisi e molti altri servizi. Il personale era costituto da molti medici, giovani, talentuosi e di varie specializzazioni, coordinati da primari d’eccellenza, che erano coadiuvati da un nutrito numero d’infermieri e di altro personale sanitario. Cerano poi 2 ambulanze di cui un mezzo fuoristrada per i soccorsi di montagna e due auto di rappresentanza (Fiat Croma), oltre a varie utilitarie. Per accorgersi che l’ospedale non esiste più basta ricordare quanto appena letto e andare a visitare quello che rimane del nosocomio, sempre più somigliante ad vuoto sarcofago con la mummia fatta a brandelli per  appropriarsene di un pezzettino ciascuno. Meritevole è l’opera del Comitato civico, che non si arrende alla morte della sanità nel Comprensorio delle serre e che sperando nella resurrezione, continua la battaglia contro la politica dei tagli e dei disservizi, resistendo ai tentativi di sabotaggio della politica istituzionale sempre meno incline ad ascoltare i cittadini e sempre più autoreferenziale. 

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