Chissà, alla fine ce la farà: riuscirà a liberarsi dell’ingombrante presenza, ma continua a non essere un’impresa semplice e, del resto, avrebbe dovuto saperlo, se non altro perché il primo tentativo, compito alla fine dello scorso anno, si era trasformato in un buco nell’acqua. All’epoca era stato fermato dalla saggezza di qualcuno dotato di intelligenza politica. La noiosa diatriba tra Giuseppe Falcomatà ed Angela Marcianò, rispettivamente sindaco ed assessore a Legalità e Trasparenza, Lavori Pubblici, Attuazione Protocollo ANAC, Politiche della Casa e dismissione del ghetto di Arghillà, Contrasto all’Abusivismo Commerciale, potrebbe essere arrivata ad uno snodo decisivo. Il quadro, però, è ancora deficitario di alcuni, importanti, dettagli. Nessuna drammatizzazione, nessuno scenario apocalittico e, a dirla tutta, nei corridoi di Palazzo San Giorgio, non si respira nemmeno una tensione esasperata. Non è escluso, infatti, che il redde rationem possa essere rinviato a data da destinarsi. Le intenzioni del Primo Cittadino sono chiare ed inequivocabili: per la giuslavorista non c’è più posto in Giunta. Troppe le incomprensioni, troppi i rancori covati, troppe le azioni avventate compiute da entrambe le parti. Per completare il puzzle, tuttavia, a Falcomatà mancano ancora un paio di tasselli, tutti decisivi. Innanzi tutto, non gode della sperata copertura della maggioranza. Nella riunione svoltasi lunedì, più di un consigliere si è esplicitamente schierato mostrando insofferenza per le difficoltà incontrate nel raccordarsi con l’assessore ai Lavori Pubblici. E’ la sponda che il sindaco cercava per affondare il colpo, ma le recriminazioni sono finite là. Il resto della maggioranza non ha seguito il sentiero che sembrava tracciato ed ha provato, fino al momento riuscendoci, a fare ragionamenti politici, mettendo da parte gli accidentati rapporti interpersonali e smorzando i toni delle critiche. Dipendesse da Falcomatà, il destino della giovane docente universitaria sarebbe segnato, ma lo scudo della coalizione con cui vuole blindarsi nel prendere una decisione impopolare appare pieno di buchi. D’altra parte, la personalità (e la maturità politica) si vedono (se sono presenti) in momenti simili: è stato il Capo dell’Esecutivo di Palazzo San Giorgio a volere, nell’ottobre 2014 Angela Marcianò ed è lo stesso Capo dell’Esecutivo di Palazzo San Giorgio a non volerla più tra i piedi. Si assuma, dunque, lui la responsabilità del verdetto. Non si nasconda dietro un fantomatico documento della maggioranza, che al momento nessuno ha visto e letto, e vada avanti, costi quel che costi, se è convinto che una scomoda presenza ostacoli il cammino della sua Amministrazione. Sorge, tuttavia, un secondo aspetto meritevole di considerazione: a dover essere estromessa è una donna che, pur essendo sprovvista di tessera, non più tardi di un mese e mezzo addietro è stata cooptata da Matteo Renzi nella Segretaria Nazionale del PD. Al Nazareno ne sono informati? Cosa ne pensano? Accetterebbero di buon grado una delegittimazione del genere da parte di un sindaco che non aveva fatto mistero dell’ambizione, frustrata, di fare ingresso nella “stanza dei bottoni” del Partito Democratico? Certo, il filo diretto che Falcomatà vantava con il leader si è assottigliato fino a diventare invisibile, ma per restituire uno schiaffo è necessario disporre di mani possenti che, ad oggi, non risultano essere nella disponibilità del Primo Cittadino. E’ altrettanto vero, tuttavia, che una situazione così imbarazzante, per gli inquilini di Palazzo San Giorgio e, soprattutto, per la città, deve, per forza di cose, trovare uno sbocco: non è un mistero che l’assessore Marcianò non sia un’assidua frequentatrice delle sedute di Giunta. Una corsa solitaria che suscita comprensibili malumori se poi le conseguenze, a detta degli attori interessati, si ripercuotono sull’efficienza dell’azione amministrativa. Oltre tutto, la verifica di maggioranza, prima ancora che politica, riguarda proprio l’efficacia della Giunta e della coalizione, fin qui oggettivamente deludente. Rispetto, personale ed istituzionale, reciproco e un chiarimento definitivo nel chiuso di una stanza ed a quattr’occhi sono i due pilastri senza i quali una qualsiasi risoluzione andrebbe a detrimento delle convenienze di Reggio Calabria.
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