
Ora che l’eventualità di una candidatura di Angela Marcianò è stata spazzata via dalla condanna in primo grado inflittale per la scandalosa vicenda del “Miramare”, centrodestra e centrosinistra si trovano invischiati nella palude immobile del dubbio.
Perché, per quanto paradossale sia, il nome della docente universitaria riemergeva, con precisa ciclicità, nelle conversazioni con diversi esponenti politici, ma non come potenziale espressione del centrosinistra di cui ha fatto parte in qualità di assessore della Giunta Falcomatà e di componente della Segreteria nazionale del Partito Democratico, ma della coalizione di centrodestra. Dunque, una paradossale via di fuga in meno per gli avversari dell’attuale sindaco che, da parte sua, è, dal pomeriggio di lunedì, immerso in una bolla di paure ed incertezze, perché, seguendo un minimo di buonsenso e di logica, se l’ex rappresentante del suo Esecutivo, imputata con rito abbreviato, è stata giudicata colpevole, almeno in primo grado, del reato di abuso d’ufficio, è facile immaginare una pena ben più corposa per il Primo Cittadino, a processo con rito ordinario e, dunque, nell’impossibilità di beneficiare dello sconto ed accusato, oltre che di abuso d’ufficio, anche di falsità materiale e ideologica. Una situazione che rischia, quindi, di aggravare ulteriormente lo stallo di entrambe le coalizioni con il Movimento 5 Stelle spettatore non pagante per manifesta impalpabilità. Di fronte a questo scenario, il centrodestra rimane intrappolato in una paralisi figlia dei consueti veti incrociati e della fallace convinzione, serbata da ciascuna forza politica, di essere depositaria naturale di un diritto divino alla designazione dell’aspirante successore di Falcomatà. Si guardano in cagnesco convinti di fare paura agli alleati-avversari che, in realtà, ricambiano il medesimo sguardo di sfida. Una guerra fredda di posizione in cui nessuno, pur avendo una granitica fede nel contrario, ha la forza per imporre alcunché agli interlocutori. Forza Italia non conosce nemmeno quale sarà il suo destino nel breve periodo, con le convulsioni causate dall’irrequietezza di Toti che, assieme al crollo dei consensi, ne fanno un partito molto debole nell’altrui percezione. Fratelli d’Italia è, al contrario, in piena fase espansionista e, nonostante i due leader Sandro Nicolò e Massimo Ripepi, quarantotto ore fa, abbiano convocato una conferenza stampa nei fatti rivelatasi essere solo un pretesto per dimostrare all’esterno che le voci di dissidi (assolutamente aderenti alla realtà), fossero da ridurre a mero gossip politico, è ancora molto distante dall’obiettivo di essere faro dell’alleanza. La Lega, da parte sua, forte di un crescente consenso elettorale, attende di definire l’organigramma territoriale prima di sedersi nuovamente al tavolo dell’interpartitica. Sebbene facciano la voce grossa, continuano tutti ad essere in mezzo al guado nell’illusione che pescando direttamente nel laghetto della politica possano far emergere “pesci” di spessore. Così non è: le condizioni drammatiche in cui il principale inquilino di Palazzo San Giorgio lascerà la città da qui a qualche mese, sono tali da rendere indispensabile affidarsi a mani sicure e non manovrabili. Nessuno pensi di proporre soluzioni di compromesso al ribasso: il problema non si chiama Giuseppe Falcomatà, ma il “falcomatismo”, quel misto di inidoneità e superbia, di assenza dalla realtà e dilettantismo che ha massacrato le speranze dei reggini. Serve, di conseguenza, che la squadra al vertice dell’Amministrazione sia guidata da un personaggio atto a trasmettere in modo naturale carisma ed autorevolezza, due qualità che non sono in vendita, ma solo nella disponibilità di chi ne gode per talento. E’ necessario, dopo la presuntuosa immaturità dispensata nell’ultimo quinquennio da un soggetto evidentemente inadatto, abbandonarsi con fiducia all’umiltà custodita nella saggezza più autentica, appannaggio esclusivo dei veri uomini di cultura, i soli a poter tracciare parabole a lunga gittata fuggendo, come la peste, il piccolissimo cabotaggio di questa triste epoca targata Falcomatà. Qualcuno, per intenderci, che sia credibile per definizione: il che non significa un professionista “esperto”, ma qualcosa di più, che sia cioè egli stesso un’esperienza riuscita ed inattaccabile, sul piano morale e dei risultati, di gestione della “Cosa pubblica”. Reggio Calabria ha bisogno come non mai di riconoscersi e credere, in un modello esemplare che sia tale per la stima da cui è unanimemente circondato, per la serietà del suo impegno nei confronti della città. Una persona che, non nascondendosi nelle segrete stanze del Palazzo, sappia modulare i registri comunicativi a seconda delle persone in carne ed ossa incrociate nella quotidianità in cui deve obbligatoriamente immergersi senza la boria del predestinato. Qualcuno che non sia diffidente nei confronti del prossimo, ma capace di farsi circondare dalla competenza diffusa e non dalla fedeltà dei mediocri che, schiavi della loro imbarazzante inettitudine, con il loro agire presuntuoso hanno insultato la storia di una comunità e la politica stessa. Lo sforzo che dovrà profondere chi indosserà la fascia tricolore sarà immane: rendersene conto prima di effettuare la decisione di sostenere l’ascesa del “prescelto” costituisce una prospettiva così illuminante da restringere enormemente il campo soltanto a quei pochissimi “campioni” che, quando tremano i polsi, sono sprezzanti di qualsiasi rischio perché accecati esclusivamente dall’amore incondizionato nei confronti di Reggio Calabria, del suo passato e, soprattutto, del suo futuro.