Comunali. Quanta arroganza del centrosinistra reggino nei confronti della sinistra

Il centrosinistra reggino sembra impegnato, più che altro, in una disperata caccia alla solidarietà tra compagni

Come un tic, un riflesso condizionato che appanna i sensi ed impedisce di cogliere l’essenza della devastata realtà dei fatti, inoppugnabili e giudici imparziali.

Il centrosinistra reggino, in queste settimane che precedono l’avvio ufficiale della campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio comunale, sembra impegnato, più che altro, in una disperata caccia alla solidarietà tra compagni di cui non si è appalesata traccia flebile nel corso del quinquennio di Amministrazione in via di conclusione. Non si contano le occasioni in cui, da sinistra, è risuonato, durante lo stesso periodo, l’allarme perché la conduzione della macchina di Palazzo San Giorgio era ferma immobile nel traffico di insufficienze ed inadempienze, oppure sbandava disordinatamente. Ed oggi quella stessa sinistra, come se nulla fosse accaduto durante il mandato mal esercitato da Giuseppe Falcomatà, con la complice acquiescenza dei tanti che avrebbero potuto e dovuto costringere il sindaco a sterzare prima di andare a sbattere contro il muro dell’impopolarità, viene blandita un giorno sì e l’altro pure, tra l’altro con modalità del tutto prive di sostanza. Il piagnisteo davanti al pericolo “fascista”, alla restaurazione conservatrice, alla riapparizione dei vecchi protagonisti del tempo che fu, quale reazione volete che scateni in chi, con onestà intellettuale e costanza, ha tenuto il punto non scendendo a compromessi con coloro i quali riteneva responsabili di una politica amministrativa da censurare quotidianamente? Con una città che presenta un elenco infinito di problemi gravissimi che la maggioranza di centrosinistra non ha mai dato la sensazione di governare, e nemmeno di comprendere, appellarsi alla compattezza di un’area culturale svilita ed emarginata, è l’ennesimo atto di arroganza, vero e proprio marchio di fabbrica dei sodali del sindaco. Quegli stessi adepti che, dopo aver cantato a perdifiato le gesta eroiche dei “Cavalieri del Cerchietto Magico”, adesso esibiscono l’animo contrito per non precipitare in fondo al burrone delle urne ormai ad un passo. Perché mai Stefano Morabito e “Cosa Pubblica” insieme ad altre realtà associative attive sul territorio, che mai hanno risparmiato contestazioni circostanziate alla Falcomatà’s Band, dovrebbero piegarsi al ricatto dello spauracchio del presunto nemico alle porte dimenticando le spietate analisi con cui, con regolarità, hanno messo spalle al muro l’Amministrazione? Perché mai Saverio Pazzano e le associazioni già in campo da tempo proprio perché insoddisfatti dall’impronta ombrosa della consiliatura, potrebbero essere interessati ad una vuota sollecitazione, unica arma spuntata rimasta nelle mani deboli di chi dispera per il proprio futuro personale? Altre forze politiche ed organizzazioni di base, ma con radici ben piantate a sinistra sono in fibrillazione da tempo perché impazienti di mettersi in gioco per fornire il proprio, rispettivo, prezioso contributo. Un mondo in entusiasta subbuglio che offre la sensazione più vigorosa di quanta insoddisfazione si sia accumulata proprio in quell’universo di pensieri ed elaborazione politica a lungo speranzoso circa l’apertura di un nuovo ciclo, ma presto consapevole o rafforzato nei propri dubbi in merito alla pochezza del gruppetto affastellato da Falcomatà. Rimestare nel passato, quindi, non servirà ad altro se non ad inchiodare gli stessi postulanti a quell’epoca di cui, a parole, sostengono di volersi liberare, ma che in realtà rappresenta l’unico motivo che giustifica la loro sopravvivenza politica. Continuare imperterriti ad additare al pubblico ludibrio una parte politica senza, contestualmente, offrire una visione robusta ad una comunità furiosa perché nessuno dei servizi primari è godibile da contribuenti tartassati e sbeffeggiati, è la certificazione di una sconfitta su cui le sole firme leggibili sono di coloro che oggi elemosinano l’urgenza di mettere su un cartello elettorale senza né capo né coda.

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