C’era una volta l’acqua: la favola raccontata da Falcomatà che farfuglia di qualità del servizio idrico

«Il circuito di gestione dell’acqua in Calabria deve essere interamente pubblico». Se ad avanzare con saldezza di pensiero e idee limpide fosse un esponente politico con le carte in regola per aprire i rubinetti di una conduzione moderna e dei benefici agli utenti, non potrebbe che trattarsi di un’affermazione di principio condivisibile senza controindicazioni. Peccato che a pronunciare queste parole sia stato il sindaco di Reggio Calabria e che lo abbia fatto mentre i suoi concittadini del centro storico e zone limitrofe, pur tormentati dalla prima calura estiva, hanno ricominciato a  godere della libertà di fare una doccia ad orario determinato, entro e non oltre il tardo pomeriggio. Nel momento in cui la manina dei manovratori giunge furtiva a stoppare l’erogazione, il pensiero degli “sporchi” abitanti in riva allo Stretto, infatti, vola all’alba

dell’indomani. Sarà quello il momento in cui il borbottio idrico nei tubi tornerà a farsi sentire. Sì, vero, una situazione che farebbe vergognare un qualsiasi dittatore africano, ma lascia volteggiare nella bolla della beata incoscienza alimentata dall’incapacità senza limiti gli indecorosi amministratori reggini. Falcomatà non ha avuto pudore, come da consolidata consuetudine, di indossare la virginea veste del profeta dell’acqua pubblica sotto gli occhi dei suoi omologhi della Calabria, attenti alle pensose riflessioni del sindaco reggino lesto a dare suggerimenti su come procedere lungo un percorso che disconosce completamente al pari degli altri responsabili che stazionano a Palazzo San Giorgio.  Perché, al netto delle bugie e delle idiozie lanciate qua e là dagli stessi e dai residui fan, nel cuore della città il problema idrico finché lor signori non hanno messo piede nella sede municipale era inesistente salvo un breve periodo nel corso della fugace Amministrazione Arena. E’ per tale ragione che mette i brividi vagheggiare, come ha fatto il sindaco: “Il circuito dell’acqua in Calabria deve essere pubblico a tutti gli effetti, non solo per ciò che riguarda la proprietà delle reti e delle infrastrutture, ma anche per gli aspetti che attengono alla gestione del servizio”. Dio ci guardi da una conduzione affidata a Palazzo San Giorgio. La differenza, in politica come nella vita, è fatta dalla qualità delle persone ed immaginare che i colpevoli di questa situazione abbiano le mani libere di combinare (fortunatamente per un altro annetto e mezzo e poi via, tutti a casa e l’ultimo spenga la luce, ma non tocchi i serbatoi) disastri senza la protezione di Sorical è una prospettiva che mette i brividi. Lascia senza fiato la naturalezza, in buona o in mala fede che essa sia, con cui il Primo Cittadino ha impacchettato la prosecuzione della favola raccontata ai colleghi: “Gli importanti risultati ottenuti in ambito comunale a Reggio Calabria, con le società interamente pubbliche per la gestione dei servizi pubblici essenziali, dimostrano che è questa è la strada maestra per l’erogazione dei servizi al cittadino”. E come ogni fiaba raccontata a chi non ha occhi per vedere, anche la conclusione del sermone è all’altezza delle novelle più fantasiose, se l’obiettivo, come dichiarato da Falcomatà è quello di “garantire ai cittadini l’erogazione di un servizio di qualità ed una tariffazione più equa”.

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