
Il dibattito si concentra sulle “possibilità”, sulle “risorse”, sui “progetti”. Ma la notizia dell’incontro “Le opportunità dei fondi del Pnrr a partire dalla rigenerazione culturale e sociale dei paesi interni”, svoltosi nella sala conferenze del Parco delle Serre, è la formale adesione del già deputato Bruno Censore a Italia Viva. Il “core” calabrese del partito lo accoglie sotto la regia del vicepresidente della Camera Ettore Rosato consacrando un passaggio che segna un nuovo percorso. Dunque, la storia politica di Censore non si arresta con l’esperienza nel Pd ma riparte da una prospettiva diversa. L’iniziativa prende le mosse da un’analisi quasi tecnica, poi con gli interventi degli amministratori locali scivola inevitabilmente sull’aspetto politico e sugli orizzonti strategici della “collocazione” e del “distacco tra la politica nazionale e le realtà locali”.
L’introduzione di Maria Rosaria Franzè e Nency Rachiele agevolano le riflessioni del sindaco di Zagarise Domenico Gallelli e del consigliere provinciale Domenico Tomaselli sulla “programmazione di azioni di sviluppo che possano avvantaggiare le nuove generazioni”, sulle modalità di impiego di “82 miliardi di euro a prestito da utilizzare per la digitalizzazione e la transizione ecologica con limiti significativi per il campo delle infrastrutture” e “sull’importanza dello smart working per il tessuto sociale calabrese”. Sull’esigenza di “potenziare le strutture burocratiche” e “sull’ottimizzazione delle potenzialità dei piccoli Comuni” si sofferma il sindaco di San Nicola da Crissa Giuseppe Condello che apre la porta alle disquisizioni squisitamente politiche sostenendo che “sono stato un renziano della prima ora e sono sempre stato qui perché questo è il partito del fare”. Il momento cruciale si concretizza con il discorso di Censore che lega il tema delle infrastrutture con la necessità di avere riferimenti politici certi e capaci ricordando che “con Renzi abbiamo stanziato 134 milioni di euro per la parte mancante della Trasversale delle Serre”. Poi entra nel merito del passo compiuto: “la scelta del mio gruppo deriva dall’aver condiviso una parte di strada con Renzi, nasce dalla condivisione sulle politiche, dal pensiero comune sulla giustizia con l’idea focale della separazione delle carriere e sugli effetti della gogna mediatica. Noi guardiamo all’innovazione della politica e all’evoluzione della società”.
L’ex deputato parla esplicitamente di “un grande centro che non farebbe male al consolidamento della democrazia”, denuncia i “partiti-caserma”, rileva che “non c’è più una rappresentanza vera dei territori in Parlamento”. Quindi una nota personale: “ho svolto tanti ruoli politici, candidature non ne devo più fare, ma la politica la voglio fare e nessuno mi può privare di questo. Presto anche a Serra San Bruno ripartiremo non ‘contro’ qualcuno, ma ‘per’ ”.
Cos’è e dove va Italia Viva lo spiega il senatore Ernesto Magorno che, dopo aver ribadito la sua estrazione social-democratica, afferma che “mettere i paletti non è da democratico che guarda in maniera aperta al futuro”. “Io – argomenta – ritengo di stare da riformista dalla parte dei più deboli. La sinistra ha tradito le aspettative dei più deboli, che sono coloro i quali non hanno diritti, sono quelli che vanno via, sono i piccoli imprenditori. La questione non è la destra, la sinistra o il centro, ma è chi vuole stare dalla parte di chi ha bisogno delle Istituzioni”.
Ettore Rosato declina il suo ragionamento partendo dalle “difficoltà dei Comuni a gestire l’ordinario”, guardando con preoccupazione “all’evidentissimo calo demografico” e pensando a come trasformare “le risorse che prendiamo a prestito in posti di lavoro e in fiducia”. Poi illustra la sua visione politica: “oggi la differenza più marcata è fra i riformisti, che usano toni moderati e che sono consapevoli della fatica, ed i populisti, che annunciano i cambiamenti ma non li realizzano mai”. Accenna alla legge elettorale – rispetto alla quale sarebbe preferibile “tornare alle preferenze” ma bisogna essere coscienti che quella attuale è stata quella “votata con forza in segreto”, salvo poi essere “criticata” da tanti – e punta ad avere “una classe dirigente all’altezza”. In tal senso, indica la via: “occorre mettere insieme coloro che si sentono alternativi alla concezione che le radicalizzazioni di destra e di sinistra presentano, costruendo una leadership plurale di una grande area”. “Non penso – conclude – alle prossime elezioni, ma a quelle dopo e a ciò che possiamo dare a chi verrà dopo di noi”.



