
di Vittoria Bartone* – Nei paesi diciamo sempre che non accade mai nulla, e diciamo anche che tutto resta sempre uguale, immobile, fermo come certe vecchie porte di legno che cigolano solo quando arriva il vento forte. Ma non è vero. Le cose si muovono, le persone si muovono. A volte serve solo uno sguardo attento, e magari una memoria gentile. Il 4 giugno 2025 a Sorianello si è mossa la memoria, e si è mossa insieme a dei ragazzi che, con la loro voce e i loro occhi accesi, hanno dato vita a qualcosa che partendo da lontano è già diventato futuro.
Lo scorso anno, la Biblioteca Calabrese di Soriano Calabro ha voluto creare il Premio “Anna Verdiglione”, e già in quel gesto c’era un seme che ha messo radici, quest’anno, nella scuola secondaria di primo grado di Sorianello, e il prossimo anno ci sarà un nuovo raccolto.
Ma chi era Anna Verdiglione? Era una donna del 1932 che si è laureata in Lingue. E questo dice tutto. Perché conoscere più idiomi ti mette in viaggio anche se resti nello stesso paese tutta la vita. Anna, pur restando legata alla sua terra, è stata una viaggiatrice nell’anima. Aveva un modo di guardare il mondo che non escludeva nessuno, che accoglieva. Una donna generosa, prodiga, come si diceva una volta, e non era solo un complimento, ma quasi una benedizione. Aiutava senza far rumore, e chi l’ha conosciuta la ricorda così: presente, colta, e mai al centro della scena.
Anna Verdiglione incarna quello che ognuno di noi dovrebbe cercare di essere per dirsi veramente cristiano — anche se ateo. Perché la sua fede, più che dichiarata, era vissuta. Nel rispetto profondo degli altri, nella cura silenziosa, nel bene fatto senza bisogno di essere visto. E in fondo, questo ci ricorda che l’umanità si impara. Non si eredita, non si compra: si trasmette, come una frase detta al momento giusto che cambia la traiettoria di una vita.
Ieri, durante la cerimonia, ha preso la parola anche una sua ex alunna. La voce le tremava un po’. Ha raccontato che è diventata insegnante di lingue e che tutto è cominciato da una frase detta da Anna in classe, un giorno qualsiasi. Non un discorso solenne, ma uno sguardo che le ha fatto credere di poterci riuscire. È questo che fanno i veri insegnanti: non tracciano percorsi già fatti, ma aprono spiragli. E a volte, proprio da quei piccoli spiragli, passa tutta una vita.
Quest’anno il premio non è andato a una singola persona, ma a tutta una scuola, come avrebbe desiderato la professoressa Verdiglione. I ragazzi sono stati lì, sul palco e nella sostanza, con un’energia che non si può insegnare: si può solo accogliere. Hanno portato uno spettacolo che era pieno, che era vivo. Hanno ballato con le gonne a ruota e quando è partita la tarantella, a un certo punto, si sono alzati in piedi anche gli adulti tra il pubblico. Un momento naturale in cui non c’erano più spettatori e artisti, ma persone in cerchio.
Per i ragazzi è stato importante conoscere la storia di Anna, ma più in generale conoscere la propria storia. Sapere da dove si viene, chi ha abitato i nostri stessi luoghi, quali parole hanno attraversato le stanze prima di noi, non è solo un esercizio culturale: è costruzione di identità. A volte, vivere in un piccolo paese del Sud — come il nostro — e passare tanto tempo a navigare online, ti dà l’impressione che tutto succeda altrove, e che qui non ci sia niente da raccontare. Ti senti fuori tempo, fuori luogo, quasi senza materia da condividere. Ma quando conosci il tuo territorio, quando lo impari attraverso le storie, gli aneddoti, le persone che lo hanno vissuto con dignità e passione, allora succede qualcosa, ti rendi conto che hai radici. E se hai radici, puoi anche avere ali. (prosegue dopo la foto)

E forse è proprio questo il lascito più grande di Anna: che per imparare a stare nel mondo bisogna prima imparare a sentire gli altri. A ricordare che l’umanità è un’educazione quotidiana, fatta di attenzione, ascolto, rispetto. E chericordiamo davvero gli altri solo quando c’è amore, perché senza amore i ricordi svaniscono, si fanno nebbia. Ma con l’amore restano.
Durante l’incontro, Pippo Lojudice, nipote di Anna, ha voluto ricordare che sua zia non era una mosca bianca: persone come lei, con quello stesso senso profondo di impegno, rispetto e cultura, ce n’erano — e ce ne sono — tante, sia a Sorianello che a Soriano, e diciamo pure che ci sono ovunque in ogni tempo ed in ogni luogo. Ho molto apprezzato questo pensiero. Perché è vero: è troppo facile pensare che chi fa del bene lo faccia per eccezione, quando invece esiste una trama silenziosa di persone giuste che tengono insieme i paesi e la loro anima.
Ed è stato bello vedere i nipoti di questa donna lì, presenti, testimoni di un passaggio di testimone. Non solo per onorare la memoria, ma per raccogliere un’eredità fatta di gesti semplici e profondi. Di quelli che durano. E Anna, se fosse stata lì, avrebbe sorriso e forse avrebbe detto qualcosa in francese, o in inglese, per ricordarci che le parole sono ponti, non muri.
Un grazie speciale va al corpo docente — alla professoressa Angela Varì, alla professoressa Marina Tigani, alla dirigente scolastica professoressa Maria Francesca Durante e a tutti coloro che sono stati dietro le quinte, per aver accompagnato i ragazzi in questo percorso. Un ringraziamento anche al sindaco Sergio Cannatelli per il sostegno e la presenza attiva nel valorizzare le iniziative culturali. E un grazie enorme a tutti i ragazzi: lo spettacolo vero, autentico e vivo. Avete fatto vivere davvero la storia di Anna e il senso profondo del premio.