Albanese il manovratore, l’assessore con delega alla chiusura del serbatoio

Balbettante, confuso, impreparato, con l’aria di chi avrebbe voluto essere in qualunque altro luogo del mondo, ma non lì, a Piazza Italia, per fornire spiegazioni a chi, con professionalità, provava a rendere un servizio alla cittadinanza informandola dei motivi, inammissibili ingiustificabili inaccettabili, per cui a Reggio Calabria, nell’anno del Signore 2021 i rubinetti delle case di uomini, donne, bambini, anziani, malati, sani, ricchi, poveri, belli, brutti, siano muti, respingenti, inutili, monchi di un ruolo, di uno status che renda comprensibile la loro funzione sociale. Appare così Rocco Albanese il Magnifico, l’assessore alle Manutenzioni senza assessorato alle Manutenzioni che in questa orribile estate reggina si è ritrovato su un fronte che non è il suo, in una trincea che non è la sua, in una guerra che non è la sua.

Da mesi e mesi e mesi questa terra maledetta, adesso sbranata anche dal fuoco famelico, subisce il doppio assedio: all’interno carenza idrica da far arrossire una bidonville del Terzo Mondo, all’esterno le cime tempestose di spazzatura a disposizione di topi e cinghiali, gli ultimi arrivati nella giungla bestiale di un luogo che mai nella storia era stato così schifosamente ingiuriato dalla sola presenza dei suoi rappresentanti istituzionali. Come se fosse ordinaria amministrazione che in estate l’acqua debba essere considerata un bene di lusso e non IL DIRITTO inviolabile alla portata di tutti; come se fosse normale essere schiavi di autoclavi per fronteggiare, si badi bene fronteggiare, una carenza che solo le carogne possono definire “emergenza”, essendo un dramma abbondantemente cronicizzato da lungo tempo. Ma quando i serbatoi, condominiali o familiari, per giorni non sono bagnati dal liquido indispensabile per il loro riempimento, perfino quell’arma si rivela spuntata. E’ di una gravità strabiliante (di cui, per sua fortuna, nemmeno si può rendere conto l’assessore alle Manutenzioni senza assessorato alle Manutenzioni) sostenere che sia normale dotarsi di autoclave, perché, volenti o nolenti, tutte le sere i signorotti delle condotte fatiscenti così hanno da fare perché altrimenti l’indomani mattina la città sarebbe a secco. E, di grazia, a parte impegnarsi con ostinazione ad assassinare le speranze di un popolo, cosa hanno fatto gli inutilissimi paggetti del sindaco Giuseppe Falcomatà nel corso di questi ultimi sette anni per individuare e concretizzare una soluzione definitiva che possa consentire di condurre una vita normale al reggino “normale”? Eppure da anni sbraitiamo contro inerzia e incapacità dell’Amministrazione comunale che, come urlano i fatti e non le capre belanti, sia pur rare, bramose di difendere l'(in)operato dei loro pastori, ha portato la carenza idrica fin dentro il cuore di Reggio Calabria. Dovevano migliorare la qualità della vita nelle periferie, invece hanno vomitato addosso alla qualità della vita delle zone più centrali, ma ora, ha assicurato Albanese il Magnifico i soldi per rivoluzionare le infrastrutture idriche cittadine sono in tasca e, niente paura, nel giro di un paio d’anni (UN PAIO D’ANNI), anche la sponda calabrese dello Stretto potrà camminare a testa alta e e bagnata. Un’abietta oscenità di cui gli altri rami (secchi) dello Stato evidentemente non hanno ancora contezza: sarebbe utile, per esempio scoprire se il Prefetto di Reggio Calabria abbia mai avuto sentore delle condizioni sconce in cui sopravvivono i reggini per colpe e responsabilità dirette e indiscutibili dei suoi amministratori. Così, anche per dare un senso all’esistenza di una figura, quale quella del Prefetto, e di un’istituzione, quale quella dell’Ufficio Territoriale del Governo, di cui, almeno da queste parti, si ignorano, a tutt’oggi, caratteristiche e connotati essenziali.

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