Abbattere i confini, individuali e geografici, spalanca lo sguardo sul Nulla

Prima la liquefazione delle ideologie, poi l’abbattimento dei confini geografici e, in mezzo all’orgia del precariato lavorativo, la teorizzazione della sessualità fluida. Livelli solo apparentemente sconnessi, ma in realtà legati da un unico filo rosso: l’ansia masochista di liberarsi delle proprie identità, individuali e collettive. Vissute come una gabbia le cui sbarre andavano segate con le armi consegnate dall’ottusità anarcoide e dall’irresponsabilità generatrice di confusione. E’ una deriva, purtroppo, inarrestabile: mette paura, perché ormai il terreno sotto i piedi, prima sdrucciolevole, è ormai talmente friabile da rendere inevitabile uno smottamento franoso che non lascerà feriti, ma solo cadaveri. Una china che, invero, parte da lontano, da quel “vietato vietare” e da quella cultura radicaleggiante che, sebbene non sia mai stata premiata all’interno delle cabine elettorali, ha avuto il demerito di insinuarsi fin dentro gli angoli più nascosti della cultura consolidata corrodendola dall’interno. Le rivoluzioni, soprattutto quelle più sbagliate, sono capeggiate da protagonisti che, dopo aver scassato le fondamenta dell’edificio sociale, trovano lesti la tavola più imbandita dove accomodarsi e gozzovigliare con i nemici di un tempo. Nel frattempo, prosegue, senza interruzioni, la corsa sfrenata verso il burrone dell’anarchia. Con gli occhi coperti dalla bandiera della “libertà di”, inganniamo il falso buonsenso che, sotto le narici del nostro naso drogato, ha l’odore buono dell’affermazione dei diritti, ma in realtà copre il tanfo egoista che ha scatenato il disordine sociale. E, nella furia distruttiva che ha schiantato il muro di un tempo, cementato dalla solidità del “Dio, patria e famiglia”, siamo piombati nell’abisso del Nulla abitato dal relativismo, dove vale tutto e il contrario di tutto.

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