Entrate in un qualsiasi negozio, non dovrete attendere più di un paio di minuti prima che qualcuno, il titolare o un cliente, diano libero sfogo all’irritazione; ascoltate, casualmente, una conversazione all’interno di un bar e, se essa non ha per oggetto la Reggina, capirete subito quale sia il motivo di tanto accanimento verbale; passeggiate lungo quel che resta del Corso Garibaldi o lungo il ricordo di quello che un tempo fu il Lungomare e, anche in questo caso, provate a captare pensieri e parole. Ovunque andiate, ovunque vi troviate, a Reggio Calabria, il capolinea dell’insoddisfazione collettiva ha le inconfondibili forme di Giuseppe Falcomatà e, per una inevitabile proprietà transitiva, dei componenti della Giunta Comunale ( di cui molti, tuttavia, ignorano idee e provenienza). Sarebbe, dunque, facile immaginare che, sull’onda di tale insoddisfazione generale, i consiglieri comunali dell’opposizione (?) all’Amministrazione di Palazzo San Giorgio non abbiano nemmeno il tempo di dormire un paio d’ore a notte: le praterie sterminate che, ogni giorno, si spalancano davanti ai loro occhi per inchiodare alle oggettive responsabilità, di inazione e grossolani errori, in capo a sindaco ed assessori, è una manna agognata da chiunque sieda sugli scranni della minoranza di tutte le assemblee elettive del pianeta. Quasi tutte invero, perché sulla sponda calabrese dello Stretto, le magie della Fata Morgana hanno ceduto il passo ad un’altra illusione ottica: l’opposizione di centrodestra c’è, ma non si vede e non si sente. Leggende che si trasmettono di bocca in bocca riferiscono di nove persone che il corpo elettorale, nell’ottobre del 2014, ha voluto entrassero nell’Aula intitolata a Pietro Battaglia, ma è ormai opinione diffusa che si tratti solo di una favola sfuggita di mano. Tra loro solo una sparuta delegazione ha una fisionomia nota all’opinione pubblica: Lucio Dattola, Mary Caracciolo, Antonio Pizzimenti e Massimo Ripepi. Chi con un eccesso di moderazione, chi con iniziative velleitarie e non sempre scegliendo i temi più caldi che hanno bruciato le speranze di questa città, ma almeno loro dispongono, con stili differenti l’uno dall’altro, della necessaria coscienza del ruolo assunto. Degli altri è ignota anche la stessa esistenza in vita (politica, per carità). Non una nota, salvo rarissimi esempi che fin qui si contano sulle dita di una mano, non una forte presa di posizione che si ricordi, non un’iniziativa pubblica, niente che giustifichi il loro status. In un regime democratico, è noto, la delicatezza della funzione dei rappresentanti della minoranza è, se possibile, ancor più rilevante di quella dei loro colleghi della maggioranza, spesse volte asserviti agli umori del Capo e poco importa se questi beneficia di uno spessore politico sotto le piante dei “piedi scalzi” (come da stucchevole definizione dello stesso): non avranno mai la personalità per disarcionarlo. Ma i componenti della minoranza possono agire da battitori liberi, rappresentanti genuini degli interessi calpestati di un popolo intero. Reggio-2017: non è né il luogo né il tempo per affidarsi al torpore, interessato o meno, di soggetti inoperosi ed indolenti. Probabilmente oppressi dal fardello di aver perso i loro punti di riferimento politici, è palese anche ai meno attenti che non sono nelle condizioni di assolvere al loro incarico. Ormai convinti, forse, di aver acquistato un unico biglietto per salire sulla giostra di Palazzo San Giorgio, hanno preferito trovare riparo sotto il confortevole tetto dell’apatica negligenza. Là, protetti da quel comodo rifugio, non scorgono, nemmeno in lontananza, i rubinetti a secco in decine di migliaia di abitazioni, l’immondizia che trabocca da ogni angolo, l’anarchia imperante lungo le strade, le bellezze della città deturpate da una ributtante incuria, l’insopportabile dilettantismo che anima qualsiasi azione di una “banda” (eccezion fatta per un paio di lodevoli, e giovanissime, eccezioni) di incapaci di gestire l’ordinaria amministrazione, figurarsi di avere una visione strategica in grado di far toccare con mano il futuro (se mai dovesse esserne rimasto uno). Il dubbio, più che fondato a questo punto, è che con un gesto improntato alla sana prudenza abbiano scelto di raggiungere lidi lontani per evitare di sprofondare nell’abissale voragine in cui l’Amministrazione Falcomatà ha fatto precipitare Reggio. Sia quel che sia, gli eletti assenti nel brevissimo elenco di cui sopra abbiano un sussulto di amore e rispetto verso la città e lascino spazio a chi, senza alcuno sforzo, saprebbe regalare il brivido, e l’urgente necessità, di avere un’opposizione reale e credibile dentro e fuori l’aula del Consiglio Comunale.
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